Michele Scoto

Michele Scoto fu filosofo, scienziato, traduttore dall’arabo al latino, enciclopedista e astrologo, molto probabilmente nacque intorno al 1190 in Scozia; forse discendente della famiglia degli Scott di Balwearie presso Kirkcaldy nel Fife. 
Studiò a Oxford, a Parigi e a Bologna, visse anche in Spagna e a Toledo, nel 1217 tradusse dall'arabo il De animalibus di Aristotele (nota 1) e ancora il De coelo et mundo, il De anima dello Stagirita con i commenti di Averroè. Con queste traduzioni lo Scoto permise di conoscere al mondo latino queste opere. Durante la sua permanenza spagnola tradusse anche il De sphaera di Alpetragio. Si trasferì in Italia intorno al 1220 alla curia papale che gli riconobbe alcune rendite ecclesiastiche, poi passo alla corte dell’imperatore Federico II, di cui fu l'astrologo ufficiale seguendolo nei suoi spostamenti; pare che Federico l’abbia inviato all'università di Bologna a far dono delle traduzioni dei commenti averroistici ad Aristotele fatte da lui e da altri. 
Alcune fonti riferiscono che, per il fatto che egli conosceva la lingua araba, l'imperatore Svevo utilizzò Michaele Scoto come inviato presso i sovrani Arabi, come al-Kamil, per scambi diplomatici e culturali. 
Michele Scoto fece parte della corte itinerante federiciana insieme ad altri filosofi e scienziati, tra questi ricordiamo Davide di Dinant, Adamo da Cremona, Teodoro di Antiochia, Gualtierio d'Ascoli, Roffredo di Benevento, Leonardo Fibonacci ed il cronista Riccardo di San Germano. 
Federico II riceve un libro da Michele Scoto nel dipinto di Giacomo Conti - Palazzo dei Normanni.
 
I testi medievali ci riferiscono una serie di quesiti che Federico II avrebbe rivolto agli scienziati della sua Corte, ed in particolare a Michele Scoto.
Qui di seguito inseriamo alcuni dei quesiti che Federico II pose a Michele Scoto.
 
"[…] Noi ti preghiamo di volerci spiegare l’edificio della Terra, e precisamente quanto è alta la sua solida consistenza sovrastante gli abissi; […] se laggiù esista qualche altra cosa che la sorregge oltre l’aria e l’acqua; […] l’esatta misura che separa un cielo dall’altro e ciò che esiste al di là dell’ultimo cielo; in quale cielo Dio, per sua natura, si trovi, ed in che modo egli stia assiso sul trono celeste, e come gli facciano corona gli angeli ed i santi, e cosa facciano gli angeli ed i santi costantemente in sua presenza…
 
"Inoltre desideriamo sapere […] dove esattamente si trovino l’Inferno, il Purgatorio ed il Paradiso: sotto la Terra, nella Terra o sopra essa? […] E se un’anima nell’aldilà riconosca un’altra anima e se taluna di esse possa tornare in vita per parlare con qualcuno o mostrarglisi…
 
"Vogliamo inoltre conoscere le misure della Terra: la sua altezza, il suo spessore e quanto disti dal più alto dei cieli, quanto si estenda nel profondo; […] se contenga spazi vuoti oppure no, se sarebbe un corpo solido come una pietra focaia…
 
"Desideriamo sapere com’è che le acque dei mari sono tanto amare, e come mai, sebbene tutte le acque provengono dal mare, vi siano acque salate in molti luoghi, e in molti altri, lontane dal mare, acque dolci…
 
"Vorremmo sapere di quel vento che viene da ogni punto della Terra, e di quel fuoco che prorompe dalla Terra […] come accade in alcune località della Sicilia e presso Messina, sull’Etna, a Vulcano, Lipari, Stromboli…"
 
Nel 1230 dedicò a Federico II la versione del De animalibus di Avicenna e una sua opera astrologica (formata da un Liber introductorius, un Liber particularis e una Physiognomia). Ci restano frammenti di una sua Divisio philosophiae mentre sono perdute le Quaestiones Nicolai Peripatetici. Per i suoi interessi alla scienza araba, all'astrologia e alla magia naturale ebbe fama di negromante; e diverse leggende intorno alla sua nave e al suo cavallo demoniaci hanno suggerito spunti fantastici a vari scrittori. 
Scoto è citato da Dante Alighieri nel canto XX dell'Inferno all'interno della bolgia degli indovini; egli era noto ai tempi di Dante per essere stato una sorta di mago alla corte dell’imperatore Svevo. 
Tra leggenda pervenuteci egli avrebbe predetto a Federico II la morte “Sub Flore” ed effettivamente lo Svevo in un luogo dal nome di un fiore; Castel Fiorentino.
Molto verosimilmente lo scoto morì nel 1236.

Nota 1 De animalibus di Aristotele; i 10 libri della Historiae animalium, i 4 del De partibus animalium, e i 5 del De genere animalium.

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